Negli ultimi anni, il trattamento del carcinoma epatocellulare (HCC) ha beneficiato dell’introduzione di regimi contenenti farmaci immunoterapici, in particolare anticorpi monoclonali contro l’asse PD-1/PD-L1 o CTLA- 4. Al netto beneficio in sopravvivenza garantito dalle nuove strategie terapeutiche, si associa la necessità di valutazione critica degli studi clinici (in cui il braccio di controllo era rappresentato da Sorafenib), in modo da poter traslare le evidenze della letteratura nella pratica clinica con il miglior successo per i pazienti. Gli autori di questa Review hanno:
1) Analizzato le raccomandazioni delle principali linee guida statunitensi ed europee
2) Fornito indicazioni circa la misura dell’entità del beneficio clinico (outcomes di sopravvivenza ed efficacia) secondo la scala ESMO (ESMO-MCBS)
3) Eseguito una network meta-analisi degli studi clinici di interesse. Sulla base delle evidenze scientifiche e delle raccomandazioni delle linee guida, il trattamento di scelta in prima linea è rappresentato dall’ agente anti-PD-L1 Atezolizumab combinato con Bevacizumab (studio IMBrave150); in caso di elevato rischio di sanguinamento esofageo o gastro- intestinale, un’opzione è rappresentata dall’agente anti-PD-L1 Durvalumab in combinazione con l’anti-CTLA-4 Trememlimumab (studio HIMALAYA); per i pazienti non candidabili a immunoterapia, restano le opzioni di Sorafenib (studio SHARP) o Lenvatinib (studio REFLECT).
Le opzioni di seconda linea non sono state implementate da nuovi studi clinici nell’ultimo triennio, e rimangono Cabozantinib, Regorafenib o Ramucirumab. D’altro canto, l’attività di questi farmaci era stata valutata nei pazienti dopo esposizione ad una prima linea rappresentata da Sorafenib, quindi è difficile predire il reale beneficio clinico ottenibile dopo Lenvatinib e, ancor più, strategie contenenti immunoterapia.
Nella network meta-analisi, gli autori hanno valutato i 4 studi clinici di fase 3 in prima linea contenti agenti anti-PD-1/PD-L1. Ai menzionati IMBrave150 e HIMALAYA, si sono aggiunti ORIENT-32 (l’anti-PD-1 Sintilimab con IBI305, biosimilare di bevacizumab) e CARES-310 (Camrelizumab con Rivoceranib, rispettivamente anti-PD-1 ed inibitore di VEGFR2). Non sussistono differenze significative tra i vari studi in termini di beneficio in sopravvivenza globale, mentre la combinazione di Atezolizumab e Bevacizumab resta la meglio tollerata in termini di effetti collaterali.