Gli inibitori del checkpoint immunitario (ICI) rappresentano senza dubbio un importante progresso in oncologia; tuttavia, solo una minoranza di pazienti risponde a questa classe di farmaci. Per questo motivo, gli scienziati di tutto il mondo stanno intensificando la ricerca di marcatori di risposta agli ICI, che permettano di individuare i pazienti che possono trarre maggior beneficio dal trattamento. Tra i possibili candidati a ricoprire questo ruolo ci sono i livelli basali di L-arginina.
È stato dimostrato, infatti, che questo aminoacido è essenziale per un’efficiente risposta del sistema immunitario contro i tumori e, di conseguenza, potrebbe essere importante per il funzionamento degli ICI. Al fine di valutare il ruolo predittivo dei livelli di L-arginina, un team di ricerca francese ha analizzato i dati di due coorti di pazienti con tumore in fase avanzata trattati con ICI (studio ICI n=77; studio PREMIS n=296) e da uno studio di fase 1 su budigalimab in monoterapia. Dall’analisi di entrambe le coorti è emersa una forte correlazione tra bassi livelli di L-arginina prima della terapia (<42 μM) e peggiori esiti clinici (ORR, PFS e OS). Inoltre, la stessa correlazione è stata osservata anche in un modello animale di carcinoma colorettale sensibile agli ICI. L’analisi di cellule mononucleate di sangue periferico provenienti da donatori sani ha poi mostrato che a bassi livelli plasmatici di L-arginina corrisponde un aumento dell’espressione di PD-L1 in diversi sottogruppi di cellule immunitarie. Secondo gli autori dello studio, questi risultati aprono la strada all’utilizzo dei livelli basali di L-arginina come biomarcatore di risposta agli ICI. Inoltre, essi suggeriscono che approcci terapeutici finalizzati ad aumentare i livelli di L-arginina (come l’inibizione dell’enzima catabolico ARG1) potrebbero essere associati all’uso degli ICI per massimizzarne l’efficacia.