La realtà clinica dei pazienti con neoplasia polmonare non a piccole cellule (NSCLC) è più variegata e complessa rispetto ai pazienti inclusi negli studi clinici. Nel 20-30% dei casi i pazienti con NSCLC avanzato si presentano con PS ≥ 2, l’età mediana alla diagnosi è di 70 anni e le comorbidità sono molto frequenti.
I farmaci approvati nel setting dei pazienti con PDL1 >50% ECOG 0-2 sono pembrolizumab, atezolizumab e cemiplimab.
I pazienti così fragili, non vengono candidati alla mono immuno in 1L per una serie di motivazioni, nessuno studio prima aveva mai valutato l’efficacia in questo setting. I pazienti che fanno un mono-chemioterapico (i.e. vinorelbina) potrebbero essere candidabili ad una 2L mono immunoterapia se i parametri lo permettono. IPSOS è il primo di fase 3, in aperto, dove i pazienti fragili con NSCLC inoperabile, venivano randomizzati (rapporto 2:1) a ricevere atezolizumab o una terapia a base di monochemioterapia, rappresentato da Vinorelbina (per via endovenosa o per os) o Gemcitabina.
Per essere inclusi, i pazienti dovevano appunto essere considerati non eleggibili a trattamento a base di Platino per un ECOG PS 2-3, oppure in caso di ECOG PS 0-1, avere un’età ≥ 70 anni e comorbitità/controindicazioni al suddetto trattamento.
In totale 453 pazienti sono stati randomizzati a ricevere Atezolizumab (n = 302) o mono- chemioterapia (n = 151).
Lo studio è risultato positivo, in quanto l’OS, endpoint primario, era significativamente più lunga nel braccio di Atezolizumab, rispetto alla mono- chemioterapia [hazard ratio 0.78 (intervallo di confidenza del 95%: 0.63–0.97), p = 0.028], con mediane rispettive di 10.3 e 9.2 mesi. Nonostante il beneficio si traduca in circa un solo mese in più sulla sopravvivenza mediana, è importante notare come a due anni dall’inizio del trattamento la percentuale di pazienti in vita era doppia rispetto al braccio di controllo (24% vs 12%).
Dal momento che la popolazione di interesse era rappresentata da pazienti fragili, gli autori si sono interessati anche agli aspetti di qualità della vita.
Atezolizumab ha permesso una stabilizzazione/miglioramento degli outcomes legati alla qualità della vita, profilo di tollerabilità/effetti collaterali, che hanno favorito atezolizumab rispetto alla monochemioterapia. Lo studio IPSOS ha quindi dimostrato la superiorità dell’immunoterapico rispetto alla mono-chemioterapia con gemcitabina o vinorelbina, indipendentemente dall’espressione di PD-L1 e indipendentemente dall’istologia, fornendo evidenze sull’impiego di atezolizumab in una specifica popolazione di pazienti largamente presente in pratica clinica, ma assolutamente poco rappresentata nei trial.