Nonostante gli agenti immunoterapici anti-PD- 1/PD-L1 abbiano rivoluzionato il paradigma di trattamento dei pazienti con carcinoma epatocellulare (HCC), le evidenze a sostegno del loro utilizzo nei casi di funzione epatica compromessa sono limitate. Sebbene infatti una quota di pazienti con HCC si presenti con un sottostante indice di Child-Pugh di classe B, gli studi clinici con immunoterapia hanno arruolato principalmente pazienti con Child- Pugh di classe A. Alcune iniziali esperienze testimoniavano il beneficio di Nivolumab (anti- PD-1) nei confronti di Sorafenib nei pazienti con funzione epatica compromessa.
Gli autori di questa review sistematica e metanalisi hanno quindi raccolto e riunito i dati presenti in letteratura relativi agli outcomes nei pazienti con HCC e Child-Pugh di classe B trattati con immunoterapia.
Gli autori hanno incluso 22 studi (19 retrospettivi), per un totale di 699 pazienti con Child-Pugh di classe B. In 6 studi il farmaco utilizzato era Nivolumab, in 5 Atezolizumab (anti-PD-L1) e Bevacizumab, in 4 Nivolumab o Pembrolizumab (anti-PD-1).
Risposte obiettive di malattia si sono osservate nel 14% dei casi, con un controllo di malattia del 46%. Le mediane di sopravvivenza libera da progressione e globale risultavano di 2.68 e 5.49 mesi, rispettivamente. Il 40% dei pazienti aveva sviluppato eventi avversi, comunque limitati al 12% dei pazienti per quanto concerne i gradi ≥ 3.
Quando comparati ai 2114 pazienti con Child-Pugh di classe A inclusi negli stessi studi, gli outcomes di risposta e sopravvivenza risultavano significativamente inferiori nei pazienti con funzionalità epatica compromessa, mentre l’incidenza di tossicità era a favore del gruppo con Child-Pugh di classe B, verosimilmente a causa della minor esposizione agli agenti immunoterapici dovuta ad una più precoce progressione.
La metanalisi riportata supporta l’utilizzo di agenti immunoterapici anti-PD-1/PD-L1 nei pazienti con HCC e Child-Pugh di classe B. In questi pazienti infatti, le risposte obiettive con Sorafenib si osservano in circa il 4% dei casi, e la sopravvivenza globale mediana è inferiore a 5 mesi. Anche il complessivo buon profilo di tossicità emergente dalla meta-analisi supporta l’utilizzo dell’immunoterapia in questo setting.
La disfunzionalità epatica contribuisce a polarizzare il microambiente epatico verso un’immunosoppressione profonda, il che spiega i peggiori outcomes osservati rispetto ai pazienti con Child-Pugh di classe A.
Dal momento che il focus della meta-analisi era rappresentato dagli agenti anti-PD-1/PD-L1, gli autori non si soffermano sul ruolo particolare delle combinazioni con anti-angiogenici in questo setting di pazienti. D’altra parte, tutti e 5 gli studi valutanti Atezolizumab contemplavano l’associazione di Bevacizumab, il che depone per l’efficacia e fattibilità della combinazione anche nei pazienti con Child-Pugh di classe B.