Sulla spinta dei risultati positivi ottenuti con nivolumab in pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato in progressione durante la terapia con sorafenib (studio CheckMate 040), l’efficacia e la sicurezza del farmaco nell’utilizzo in prima linea sono state valutate in un trial dedicato.
Si tratta dello studio CheckMate 459, nel quale 743 pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato, naïve alla terapia sistemica, sono stati randomizzati a ricevere nivolumab (240 mg ogni 2 settimane) o sorafenib (400 mg due volte al giorno) fino a progressione della malattia o a insorgenza di tossicità inaccettabile.
Dopo un follow-up mediano di sopravvivenza rispettivamente di 15,2 e 13,4 mesi, non sono state rilevate differenze statisticamente significative nella sopravvivenza globale (OS) tra i due bracci di trattamento (16,4 mesi con nivolumab e 14,7 mesi con sorafenib; p=0,075).
Tuttavia, l’analisi di Kaplan-Meier della OS ha mostrato una separazione tra le curve a favore di nivolumab che è stata mantenuta nel tempo. Secondo gli autori questa osservazione potrebbe indicare che il nivolumab, con follow-up più prolungati, possa determinare un miglioramento significativo dell’OS rispetto al trattamento di confronto. Inoltre, nel contesto di prima linea nivolumab ha mostrato un profilo di sicurezza gestibile e coerente con quello noto, con percentuali di eventi avversi correlati al trattamento di grado 3 o 4 inferiori a quelle osservate con sorafenib.