Dopo aver stabilito il nuovo standard di cura nelle neoplasie polmonari a piccole cellule (NSCLC) in stadio avanzato, gli inibitori di PD- 1/PD-L1 stanno entrando nella gestione clinica degli stadi iniziali.
Lo studio KEYNOTE-671 è uno studio di fase 3, randomizzato 1:1 in doppio cieco, in cui 797 pazienti con NSCLC in stadio II/III sono stati randomizzati a ricevere chemioterapia a base di cisplatino con o senza Pembrolizumab (anti- PD-1) nel setting neo-adiuvante (con mantenimento di Pembrolizumab o placebo nella fase adiuvante).
Gli endpoint primari dello studio erano la sopravvivenza libera da “eventi” (EFS: progressione/recidiva/decesso) e la sopravvivenza globale.
Alla prima analisi ad interim con un follow-up mediano di 25.2 mesi, il braccio sperimentale di chemioterapia e Pembrolizumab dimostrava una superiorità in termini di EFS, con un hazard ratio di 0.58 (intervallo di confidenza del 95% 0.46-0.72, p < 0.001).
A due anni, la EFS era del 62.4% nel braccio di chemioterapia/Pembrolizumab, e del 40.6% nel braccio di chemioterapia/placebo. In termini di sopravvivenza globale, lo studio non ha raggiunto una positività statistica (p = 0.02), dal momento che il suo disegno richiedeva una differenza maggiore per essere definito formalmente positivo per questo obiettivo (da considerare l’immaturità dei dati, visto che “solo” 177 decessi erano stati registrati al momento dell’analisi).
In linea con i precedenti studi in questo setting con agenti immunoterapici, il numero di risposte patologiche maggiori (30.2% vs 11% del braccio placebo) e complete (18.1 vs 4%) era significativamente maggiore nel braccio di trattamento contenente Pembrolizumab.
Di particolare interesse sono risultate anche le curve di EFS sviluppate in base alla risposta patologica, testimoniandone il potenziale valore prognostico.
Per quanto concerne l’aspetto degli eventi avversi, non si sono documentati elementi di allarme.
Inoltre, non si sono riscontrate differenze nel numero di pazienti che sono stati effettivamente avviati ad intervento chirurgico dopo il trattamento neo-adiuvante (circa 80%).
L’utilizzo dell’immunoterapia in questo setting di malattia sta iniziando ad affermarsi, e la verosimile disponibilità nel prossimo futuro di combinazioni chemio-immunoterapiche peri- operatorie richiederà una ottimale gestione multi-disciplinare per definire il miglior percorso terapeutico per ogni paziente.