Sono stati pubblicati sul Journal of Hepatology i risultati del follow-up più prolungato ad oggi disponibile dello studio IMbrave 150. In questo trial, oltre 500 pazienti con carcinoma epatocellulare non resecabile sono stati randomizzati a ricevere in aperto atezolizumab 1200 mg più bevacizumab 15 mh/kg per via endovenosa ogni 3 settimane, o sorafenib 400 mg due volte al giorno per via orale.
L’analisi primaria dei risultati dell’IMbrave 150, effettuata dopo un follow-up mediano di 8,6 mesi, aveva messo in luce i benefici, in termini di sopravvivenza, dell’associazione di atezolizumab e bevacizumab rispetto alla terapia di controllo. Tali benefici sono stati confermati anche nella seconda analisi: dopo un follow-up di 15,6 mesi, infatti, la sopravvivenza globale nel gruppo atezolizumab/bevacizumab è risultata di 19,2 mesi rispetto ai 13,4 mesi del gruppo di controllo (p descrittivo <0,001).
La terapia di associazione ha prolungato anche la sopravvivenza libera da progressione mediana rispetto alla terapia di controllo (rispettivamente 6,9 e 4,3 mesi; p descrittiva <0,001).
Infine, il profilo di sicurezza di atezolizumab/bevacizumab è risultato coerente con quello osservato nel follow-up più breve e le percentuali di eventi avversi correlati al trattamento di grado 3 o 4 sono state simili nei due bracci dello studio. Secondo gli autori dell’IMbrave 150, questi dati sono un’ulteriore conferma del fatto che l’associazione atezolizumab/bevacizumab rappresenti lo standard di cura per il trattamento di prima linea del carcinoma epatocellulare avanzato.